Mi rivolgo all’uomo, oltre che all’agenda. Uno statista come lei
avrebbe potuto evitare di salire in politica e rimanersene al livello
del mare, nel giardino dei senatori a vita, a cui una regola non scritta
suggerisce di non sporcarsi il mantello nelle campagne elettorali.
Oppure avrebbe potuto affrontare l’arrampicata in solitudine, con una
compagnia selezionata fra le eccellenze italiane allergiche alla Casta.
Voi del loden contro tutti: anche la sconfitta sarebbe stata un
onore, l’inizio di qualcosa. Invece si è lasciato incastrare in una
cordata di mestieranti, il gatto Fini e la volpe Casini. Due strenui
difensori della famiglia, in particolare della loro, che bazzicano la
politica da quando io andavo all’università e lei forse nemmeno ci
insegnava.
Prima che i tartassati della classe media tornino a rifugiarsi in
massa sotto le insegne di cartapesta dell’astuto pifferaio, accolga
qualche suggerimento tecnico. Rinfoderi quel tono asettico, a metà fra
lo specialista in dispetti e l’analista fiscale. L’Italia non è una
banca, anche se in tanti l’hanno rapinata. Metta la vita nelle sue
parole, indicando un traguardo che sia una vittoria da sognare e non
sempre e soltanto una sconfitta da evitare. Non ascolti il gatto e la
volpe: con i voti della Chiesa non si diventa capi del governo, ma
chierichetti. Ed eviti, se può, di correre il rischio di tutte le
agende, che si usano un anno e poi si buttano.
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