Che senso ha la parata del 2 giugno con l’Emilia a pezzi che piange i suoi morti? Il quesito, che sarebbe considerato blasfemo in Francia, qui può sembrare velleitario, dal momento che il Capo dello Stato ha deciso di confermare la cerimonia dei Fori Imperiali, sia pure improntandola alla sobrietà. Però vale egualmente la pena di porselo. Sgombriamo il campo dalle pregiudiziali ideologiche, che condannano la sfilata delle Forze Armate in quanto manifestazione muscolare. E sforziamoci di sgombrarlo anche dai condizionamenti emotivi che in queste ore ci inducono a considerare uno spreco di risorse qualsiasi iniziativa dello Stato che non consista nel portare sollievo alle popolazioni emiliane in apnea. I soldi per la parata sono già stati quasi tutti spesi. Con quel poco che resta si finanzierebbe al massimo la ricostruzione di un comignolo. Andrebbe ricordato a quella genia di politici in malafede che cercano di agganciare l’umore popolare con proposte furbastre, ma si guardano bene dal devolvere a chi soffre le cifre ben più consistenti che si ricaverebbero dalla drastica riduzione del numero dei parlamentari.
La domanda che la coincidenza fra celebrazione e tragedia riporta alla ribalta è un’altra: nel 2012 ha ancora senso festeggiare la Repubblica con un rito così poco sentito dalla maggioranza dei cittadini? Ogni comunità ha bisogno di riti e di simboli. Ma sono le religioni che li mantengono inalterati nei secoli. Non gli Stati. Non tutti, almeno. Penso sommessamente che quest’anno il 2 giugno si onori di più la Repubblica andando fra i terremotati che fra i carri armati.
Tratto da: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=41&ID_articolo=1187&ID_sezione=56
giovedì 31 maggio 2012
lunedì 28 maggio 2012
lunedì 21 maggio 2012
Figli della stellA
E’ una vita che scrivo questo articolo sul ritorno del Toro in serie A.
Mi sono scocciato di tornare in serie A. Ieri ci sono tornato di nuovo
ma, sia chiaro, è l’ultima volta. A un certo punto mi è venuto pure da
piangere. Eravamo ancora sullo zero a zero, Vives la passava a
D’Ambrosio che la passava a Surraco che la passava a Vives che la
passava a Iori che la perdeva. E io piangevo.
Non per l’errore di Iori, povero figlio che ha tirato la carretta per mesi. Pensavo alle ragazze di Brindisi, ai terremotati emiliani, e mi vergognavo di essere venuto allo stadio con la felpa granata di capitan Valentino per tendere agguati alla felicità. Possibile che la goduria pura e spensierata a noi sia preclusa per diritto divino?, mi domandavo mentre cominciava anche a piovere.
Sentivo che il gol stava per arrivare, lo pregustavo, e sciogliendo l’immaginazione nel più alto dei cieli vedevo mio padre, mio zio e l’intero pantheon degli antenati granata affacciarsi dalle nuvole sopra Superga con certi bandieroni da paura. Ero così commosso e contento che mi sono sentito in colpa e ho abbassato la testa per nascondermi, un attimo prima che il dinoccolato Oduamadi spingesse in rete la palla del ritorno in serie A. E lì al diavolo le lacrime e i sensi di colpa: ho alzato le braccia al cielo per acchiappare anch’io la mia stella.
Me la sono appuntata idealmente sul petto dopo una breve riunione fra me e me, durante la quale ho assegnato al Toro lo scudetto del 1927 ingiustamente revocato, lo scudetto del 1972 clamorosamente scippato e lo scudetto del 1977 indubbiamente strameritato. Sette più tre dieci: stella. Noi siamo figli della stella, fratelli di virus. Ne regalerei volentieri una a tutti i bambini che ieri erano allo stadio per la prima volta, trascinati a forza dai loro papà. Uno di questi papà, lo so per certo, è uscito di casa mentendo spudoratamente alla moglie: le ha detto che avrebbe portato il bimbo al museo. Temo lo abbia tradito quel bandierone di quattro metri che si trascinava sulla schiena. Le mamme sono in ansia, e giustamente: per i loro pargoli si augurano un futuro di domeniche felici, mentre il virus del Toro che molte creature innocenti hanno contratto ieri e per sempre le condannerà a una vita di gioie tribolate e tribolazioni gioiose. Un inferno, però bello, per chi capisce di queste cose.
Insomma, nonostante tutto siamo ancora vivi e ci moltiplichiamo. L’allenatore Ventura, profeta del titic e titoc che lui chiama libidine, ci tratta da depressi, ritenendoci spolpati dai tre anni consecutivi di serie B. Forse non sa che la nostra depressione dura da vent’anni, dal giorno infausto in cui cadde il Filadelfia e il Toro, il nostro Toro si inabissò. Da allora, e non può essere una coincidenza, siamo diventati una precaria del calcio, su e giù fra A e B, l’ultimo derby vinto quando ancora i giocatori non portavano i cognomi sulle maglie. Ci siamo illusi troppe volte, l’ultima con Cairo, a cui adesso la vita sta offrendo una seconda possibilità. Avrà imparato a fare il presidente? Investirà soldi veri su dieci campioncini nella speranza che due di loro diventino dei campioni, oppure continuerà a prendere in prestito i soliti dieci bolliti dal cognome più o meno altisonante? Confido nella sua intelligenza e spero che riesca finalmente a irrorarla di coraggio. Le prossime settimane saranno quelle della verità. Vedremo se Cairo ha capito la lezione e se Ventura, a cui riconosco il merito di aver dato stabilità emotiva e tattica a un branco di dispersi, vorrà essere davvero l’allenatore del Toro e non più soltanto dei giocatori che ha allenato altrove (cinque del Bari ne avevamo quest’anno, cin-que!).
Il Toro è Toro se investe a lungo termine e il primo di questi investimenti si chiama Filadelfia: il luogo che distingueva il Toro dal resto del calcio e dava al neofita granata - calciatore, allenatore, giovane tifoso che fosse - la sensazione di essere capitato in una realtà diversa, unica al mondo. La rinascita del Fila è uno sforzo da fare subito e a cui dobbiamo contribuire tutti, ma anzitutto le istituzioni cittadine, che col Toro hanno un debito d’onore. Siamo o non siamo i figli della stellA?
Non per l’errore di Iori, povero figlio che ha tirato la carretta per mesi. Pensavo alle ragazze di Brindisi, ai terremotati emiliani, e mi vergognavo di essere venuto allo stadio con la felpa granata di capitan Valentino per tendere agguati alla felicità. Possibile che la goduria pura e spensierata a noi sia preclusa per diritto divino?, mi domandavo mentre cominciava anche a piovere.
Sentivo che il gol stava per arrivare, lo pregustavo, e sciogliendo l’immaginazione nel più alto dei cieli vedevo mio padre, mio zio e l’intero pantheon degli antenati granata affacciarsi dalle nuvole sopra Superga con certi bandieroni da paura. Ero così commosso e contento che mi sono sentito in colpa e ho abbassato la testa per nascondermi, un attimo prima che il dinoccolato Oduamadi spingesse in rete la palla del ritorno in serie A. E lì al diavolo le lacrime e i sensi di colpa: ho alzato le braccia al cielo per acchiappare anch’io la mia stella.
Me la sono appuntata idealmente sul petto dopo una breve riunione fra me e me, durante la quale ho assegnato al Toro lo scudetto del 1927 ingiustamente revocato, lo scudetto del 1972 clamorosamente scippato e lo scudetto del 1977 indubbiamente strameritato. Sette più tre dieci: stella. Noi siamo figli della stella, fratelli di virus. Ne regalerei volentieri una a tutti i bambini che ieri erano allo stadio per la prima volta, trascinati a forza dai loro papà. Uno di questi papà, lo so per certo, è uscito di casa mentendo spudoratamente alla moglie: le ha detto che avrebbe portato il bimbo al museo. Temo lo abbia tradito quel bandierone di quattro metri che si trascinava sulla schiena. Le mamme sono in ansia, e giustamente: per i loro pargoli si augurano un futuro di domeniche felici, mentre il virus del Toro che molte creature innocenti hanno contratto ieri e per sempre le condannerà a una vita di gioie tribolate e tribolazioni gioiose. Un inferno, però bello, per chi capisce di queste cose.
Insomma, nonostante tutto siamo ancora vivi e ci moltiplichiamo. L’allenatore Ventura, profeta del titic e titoc che lui chiama libidine, ci tratta da depressi, ritenendoci spolpati dai tre anni consecutivi di serie B. Forse non sa che la nostra depressione dura da vent’anni, dal giorno infausto in cui cadde il Filadelfia e il Toro, il nostro Toro si inabissò. Da allora, e non può essere una coincidenza, siamo diventati una precaria del calcio, su e giù fra A e B, l’ultimo derby vinto quando ancora i giocatori non portavano i cognomi sulle maglie. Ci siamo illusi troppe volte, l’ultima con Cairo, a cui adesso la vita sta offrendo una seconda possibilità. Avrà imparato a fare il presidente? Investirà soldi veri su dieci campioncini nella speranza che due di loro diventino dei campioni, oppure continuerà a prendere in prestito i soliti dieci bolliti dal cognome più o meno altisonante? Confido nella sua intelligenza e spero che riesca finalmente a irrorarla di coraggio. Le prossime settimane saranno quelle della verità. Vedremo se Cairo ha capito la lezione e se Ventura, a cui riconosco il merito di aver dato stabilità emotiva e tattica a un branco di dispersi, vorrà essere davvero l’allenatore del Toro e non più soltanto dei giocatori che ha allenato altrove (cinque del Bari ne avevamo quest’anno, cin-que!).
Il Toro è Toro se investe a lungo termine e il primo di questi investimenti si chiama Filadelfia: il luogo che distingueva il Toro dal resto del calcio e dava al neofita granata - calciatore, allenatore, giovane tifoso che fosse - la sensazione di essere capitato in una realtà diversa, unica al mondo. La rinascita del Fila è uno sforzo da fare subito e a cui dobbiamo contribuire tutti, ma anzitutto le istituzioni cittadine, che col Toro hanno un debito d’onore. Siamo o non siamo i figli della stellA?
domenica 20 maggio 2012
sabato 19 maggio 2012
venerdì 18 maggio 2012
giovedì 17 maggio 2012
mercoledì 16 maggio 2012
Jack lo squartatore, il killer era una donna?
John Morris, ex avvocato inglese di 62 anni, ha recentemente pubblicato un libro intitolato «Jack The Ripper: The Hand Of A Woman» (Jack lo squartatore: la mano di una donna) che insinua dubbi sulla vera storia del “mostro di Whitechapel”.
Secondo Morris, che se non altro si è garantito un notevole successo editoriale, la vera colpevole degli efferati omicidi (chi dice cinque, chi dice quindici) compiuti nell’East End londinese verso il finire del 1800, non fu il medico reale Sir John Williams, uno dei principali sospettati, bensì Lizzie, sua moglie. Il movente sarebbe una non meglio precisata vendetta verso chi, a differenza di lei, avrebbe potuto avere figli.
Gli indizi su cui si basa il libro sono pochi e si riducono al fatto che le vittime non subirono violenza sessuale, che vennero ritrovati tre bottoni, appartenenti a uno stivale femminile, nel sangue di una delle vittime, e che resti di vestiti da donna, ma non della proprietaria di casa, furono scoperti tra le ceneri del camino di Mary Kelly, l'ultima vittima. Quest'ultimo omicidio, inoltre, tra l’altro particolarmente cruento, sarebbe giustificato, secondo questa teoria, dal fatto che la Kelly era l'amante del marito della Williams. La vicenda di Jack lo squartatore ha terrorizzato i londinesi e appassionato i lettori delle storie costruite su di lui.
Di certo ci sono le tre lettere che hanno creato la leggenda, e da cui è stato tratto il soprannome dell’ignoto assassino di prostitute. The "Dear Boss" Letter, datata 25 settembre 1888, ricevuta dalla Central News Agency il 27 settembre, che è la prima che riporta la firma "Jack lo Squartatore". The "Saucy Jack" postcard, ricevuta il 1º ottobre, scritta in uno stile simile alla prima e nella quale si fa riferimento a prossime uccisioni (che avverranno puntualmente). E The "From hell" letter, ricevuta il 16 ottobre da George Lusk, capo della polizia del quartiere di Whitechapel. Quest’ultima era accompagnata da una scatola contenente la metà di un rene umano. Siccome uno dei reni dell’ultima vittima era stato rimosso e Londra viveva un’era pre – CSI, si credette fosse quello in questione. Da lì in poi la polizia ricevette circa 600 lettere di mitomani che firmavano con lo pseudonimo del “mostro di Londra”.
Di incerto c’è tutto il resto. E quindi spazio a narratori, sceneggiatori e registi che nei decenni costruirono mille versioni della storia, che già al tempo vide impegnati giornalisti e polemisti nel cercare colpevoli illustri, da Oscar Wilde a Lewis Carroll. Di recente anche I Griffin ne hanno celebrato la figura, dando al personaggio di Quagmire la statura di sua reincarnazione. Per arrivare all’ex avvocato in cerca di fama e fortuna.
Secondo Morris, che se non altro si è garantito un notevole successo editoriale, la vera colpevole degli efferati omicidi (chi dice cinque, chi dice quindici) compiuti nell’East End londinese verso il finire del 1800, non fu il medico reale Sir John Williams, uno dei principali sospettati, bensì Lizzie, sua moglie. Il movente sarebbe una non meglio precisata vendetta verso chi, a differenza di lei, avrebbe potuto avere figli.
Gli indizi su cui si basa il libro sono pochi e si riducono al fatto che le vittime non subirono violenza sessuale, che vennero ritrovati tre bottoni, appartenenti a uno stivale femminile, nel sangue di una delle vittime, e che resti di vestiti da donna, ma non della proprietaria di casa, furono scoperti tra le ceneri del camino di Mary Kelly, l'ultima vittima. Quest'ultimo omicidio, inoltre, tra l’altro particolarmente cruento, sarebbe giustificato, secondo questa teoria, dal fatto che la Kelly era l'amante del marito della Williams. La vicenda di Jack lo squartatore ha terrorizzato i londinesi e appassionato i lettori delle storie costruite su di lui.
Di certo ci sono le tre lettere che hanno creato la leggenda, e da cui è stato tratto il soprannome dell’ignoto assassino di prostitute. The "Dear Boss" Letter, datata 25 settembre 1888, ricevuta dalla Central News Agency il 27 settembre, che è la prima che riporta la firma "Jack lo Squartatore". The "Saucy Jack" postcard, ricevuta il 1º ottobre, scritta in uno stile simile alla prima e nella quale si fa riferimento a prossime uccisioni (che avverranno puntualmente). E The "From hell" letter, ricevuta il 16 ottobre da George Lusk, capo della polizia del quartiere di Whitechapel. Quest’ultima era accompagnata da una scatola contenente la metà di un rene umano. Siccome uno dei reni dell’ultima vittima era stato rimosso e Londra viveva un’era pre – CSI, si credette fosse quello in questione. Da lì in poi la polizia ricevette circa 600 lettere di mitomani che firmavano con lo pseudonimo del “mostro di Londra”.
Di incerto c’è tutto il resto. E quindi spazio a narratori, sceneggiatori e registi che nei decenni costruirono mille versioni della storia, che già al tempo vide impegnati giornalisti e polemisti nel cercare colpevoli illustri, da Oscar Wilde a Lewis Carroll. Di recente anche I Griffin ne hanno celebrato la figura, dando al personaggio di Quagmire la statura di sua reincarnazione. Per arrivare all’ex avvocato in cerca di fama e fortuna.
![]() |
Un documento ufficiale redatto da Donald Swanson, ispettore londinese incaricato delle indagini su Jack lo Squartatore. nell'ultima riga di legge: Kosminski era il sospettato. Tratto da: http://it.notizie.yahoo.com/jack-lo-squartatore-femmina.html?nc |
martedì 15 maggio 2012
Chi suicida chi
Ci mancava il dibattito sui suicidi: di chi è la colpa se le persone in crisi si ammazzano, di Monti o di Berlusconi? La responsabilità di quei gesti non è di nessuno. La scelta di togliersi la vita attiene a una zona insondabile del cuore umano che ha a che fare con la fragilità, il dolore, la paura: mondi troppo profondi per farne oggetto di gargarismi politici. La responsabilità della situazione sociale che fa da sfondo agli atti disperati è invece piuttosto chiara. Negli ultimi vent’anni l’Italia è stata governata - bene o male non so, ma governata - soltanto dal primo governo Prodi. Il resto è stato un susseguirsi di agguati, proclami, scandali e cialtronate. Gli altri governi di sinistra hanno pensato unicamente a farsi del male. Berlusconi ai fatti propri. La riforma liberale dello Stato, vagheggiata in centinaia di comizi, si è rivelata la più tragica delle sue bufale. Non poteva essere altrimenti, dato che gli alleati del Nord non volevano il risanamento ma la dissoluzione del Paese e quelli del Sud prendevano i voti dalla massa di mantenuti che qualsiasi riforma seria avrebbe spazzato via.
Monti si è presentato al capezzale di un paziente curato per vent’anni con flebo d’acqua fresca, facendosi largo fra mediconzoli corrotti e infermiere in tanga. Ha riportato serietà nel reparto e messo gli antibiotici nella flebo. Se avesse avuto l’umanità di un Ciampi, si sarebbe anche seduto a far due chiacchiere col malato per tirarlo su di morale. D’accordo, Monti non è Ciampi. Però non ha ucciso nessuno. L’Italia l’hanno suicidata i partiti.
Tratto da: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=41&ID_articolo=1175
Monti si è presentato al capezzale di un paziente curato per vent’anni con flebo d’acqua fresca, facendosi largo fra mediconzoli corrotti e infermiere in tanga. Ha riportato serietà nel reparto e messo gli antibiotici nella flebo. Se avesse avuto l’umanità di un Ciampi, si sarebbe anche seduto a far due chiacchiere col malato per tirarlo su di morale. D’accordo, Monti non è Ciampi. Però non ha ucciso nessuno. L’Italia l’hanno suicidata i partiti.
Tratto da: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=41&ID_articolo=1175
lunedì 14 maggio 2012
Evasori fiscali in italia: ecco come evadono i professionisti
Professionisti nel mirino della Guardia di Finanza. L'ondata di controlli a tappeto degli ultimi mesi sta facendo emergere un mondo in cui l'evasione fiscale è arrivata a superare i 200 milioni di euro, tra Irpef e Iva. Architetti, avvocati, medici, notai: ogni professione utilizza uno stratagemma per non pagare, dalle prestazioni sottofatturate al pagamento in nero, all'omissione della fattura, chiesta il più delle volte come un optional che il cliente può rifiutare, magari se in cambio viene fatto un piccolo sconto.
Le indagini al momento hanno riguardato circa 2.000 professionisti sparsi su tutta la penisola E' bastato esaminare le loro dichiarazioni dei redditi e confrontarli con il tenore di vita. E in molti casi, il confronto non teneva, come per un medico di Terni, con un reddito annuo di 10 mila euro e una Mercedes da 65 mila.
Il trucco più conosciuto, appartenente alla categoria dei medici, è quello dell’intramoenia allargata, propria dei medici dipendenti di una Asl che operano anche presso studi privati sempre per conto dell'azienda sanitaria locale. In numerosi casi, la Guardia di Finanza ha scoperto però medici che non fatturavano le prestazioni seguite all'esterno, intascandosi direttamente - e in nero - il prezzo della visita. Quella dell'iintramoenia allargata - che comporta truffa ai danni dell'erario - è una pratica che verrà però risolta nel decreto milleproroghe, che ne prevede la cessazione per il 30 giugno prossimo.
C'è poi la tecnica della parcella divisa in due, trucchetto attraverso il quale un notaio riusciva a pagare l'Iva solo su una quota - irrisoria - del pagamento, trasformando la seconda tranche in una fattura "spese anticipate in nome e per conto", che ha anche il vantaggio di essere portata in deduzione come un costo. O ancora di dilazionare il pagamento, pratica utilizzata da molti avvocati che approfittando dei tempi lunghi della giustizia italiana, diluivano il pagamento nel corso degli anni, molte volte in nero o con sottofatturazioni. O infine di aggirare le norme sulladetrazione fiscale al 36%, semplicemente dimenticandosi - nel caso di alcuni architetti - di denunciare la fattura e sommarla al proprio imponibile.
Insomma, a ogni professione la propria evasione. Piccoli trucchi, astuzia, sommata alla complicità/imbarazzo del cliente, la disinformazione su queste tematiche e il gioco è fatto. Un gioco molto caro però, da 200milioni di euro. Al momento.
Tratto da: http://it.finance.yahoo.com/notizie/evasori-fiscali-in-italia--ecco-come-evadono-i-professionisti-italiani.html?nc
Le indagini al momento hanno riguardato circa 2.000 professionisti sparsi su tutta la penisola E' bastato esaminare le loro dichiarazioni dei redditi e confrontarli con il tenore di vita. E in molti casi, il confronto non teneva, come per un medico di Terni, con un reddito annuo di 10 mila euro e una Mercedes da 65 mila.
Il trucco più conosciuto, appartenente alla categoria dei medici, è quello dell’intramoenia allargata, propria dei medici dipendenti di una Asl che operano anche presso studi privati sempre per conto dell'azienda sanitaria locale. In numerosi casi, la Guardia di Finanza ha scoperto però medici che non fatturavano le prestazioni seguite all'esterno, intascandosi direttamente - e in nero - il prezzo della visita. Quella dell'iintramoenia allargata - che comporta truffa ai danni dell'erario - è una pratica che verrà però risolta nel decreto milleproroghe, che ne prevede la cessazione per il 30 giugno prossimo.
C'è poi la tecnica della parcella divisa in due, trucchetto attraverso il quale un notaio riusciva a pagare l'Iva solo su una quota - irrisoria - del pagamento, trasformando la seconda tranche in una fattura "spese anticipate in nome e per conto", che ha anche il vantaggio di essere portata in deduzione come un costo. O ancora di dilazionare il pagamento, pratica utilizzata da molti avvocati che approfittando dei tempi lunghi della giustizia italiana, diluivano il pagamento nel corso degli anni, molte volte in nero o con sottofatturazioni. O infine di aggirare le norme sulladetrazione fiscale al 36%, semplicemente dimenticandosi - nel caso di alcuni architetti - di denunciare la fattura e sommarla al proprio imponibile.
Insomma, a ogni professione la propria evasione. Piccoli trucchi, astuzia, sommata alla complicità/imbarazzo del cliente, la disinformazione su queste tematiche e il gioco è fatto. Un gioco molto caro però, da 200milioni di euro. Al momento.
Tratto da: http://it.finance.yahoo.com/notizie/evasori-fiscali-in-italia--ecco-come-evadono-i-professionisti-italiani.html?nc
venerdì 11 maggio 2012
La Ternana festeggia la quinta stella
Si celebrano scudetti ovunque.
In Val di Lanzo grande gioia per lo scudetto del Traves.
La conta dei danni per i festeggiamenti gobbi.
giovedì 10 maggio 2012
mercoledì 9 maggio 2012
Fra moglie e partito
Dice di scrivere da Parma e di chiamarsi Emanuele. Sposato da vent’anni
con la stessa persona, e con lo stesso partito - il Pci-Pds-Ds-Pd - da
quasi trenta, domenica aveva due appuntamenti con l’adulterio. Uno a
un’ora di macchina, in un ristorante vicino al mare, dove lo attendeva
la nuova collega dai capelli nero-tizzone che gli fa il filo in modo
sfacciato. L’altro in cabina elettorale con la lista di Grillo. La vita
gli stava offrendo la possibilità di tradire in un giorno solo i suoi
due spenti amori. Prima di partire per il mare è andato a votare: «Il Pd
non è più neppure l’ombra del partito nel quale da ragazzo avevo
creduto e che, pur con tutti gli errori che la Storia ci ha poi
rivelato, mi aveva trasmesso un pizzico di passione e una speranza di
futuro». Ma al momento di mettere la crocetta sui grillini è stato colto
dal panico. «Credo sia stata la paura dell’ignoto a farmi tremare la
matita e a indirizzarla verso il solito simbolo». Uscito dall’urna era
così depresso e confuso che è tornato a casa, rinunciando alla
scappatella marina. «Mia moglie è come il Pd. Non mi dimostra più
attenzione né passione. Io ne soffro, eppure non so fare a meno di lei.
Sono attaccato a qualcosa che non c’è più, ma che sento parte della mia
vita. Così continuo a sperare che lei torni quella di un tempo e non
vado via. Lo stesso faccio con il Pd. Ma il partito non è una persona.
Con un partito temo di avere ancora meno speranze».
Se fossi la moglie, mi sentirei relativamente tranquilla. Se fossi Bersani, per niente. Di questo passo mi sa che le prime corna Emanuele le metterà a lui.
Se fossi la moglie, mi sentirei relativamente tranquilla. Se fossi Bersani, per niente. Di questo passo mi sa che le prime corna Emanuele le metterà a lui.
martedì 8 maggio 2012
Chi fa jogging vive più a lungo
Indossate le vostre scarpe da ginnastica perché è arrivato il momento di correre, con regolarità, ma senza strafare: bastano infatti poche ore a settimana per tenersi in forma e vivere più a lungo. Per l'esattezza, come un elisir di lunga vita, il jogging aumenta di 6,2 anni l'aspettativa di vita per gli uomini e di 5,6 per le donne. Lo sostiene il Copenhagen City Heart Study presentato a Dublino all'EuroPRevent2012, meeting organizzato dall'Associazione Europea per la prevenzione e la riabilitazione cardiovascolare (EACPR). Si tratta di uno studio prospettico sulla popolazione, iniziato nel 1976 per acquisire nuove conoscenze per la prevenzione di malattie cardiovascolari e ictus, che ha coinvolto 20mila persone, uomini e donne dai 20 ai 93 anni. In particolare, per verificare se il jogging faccia bene o no alla salute, i ricercatori, coordinati dal cardiologo Peter Schnohr, hanno studiato l'associazione tra longevità e diverse forme di esercizio fisico, analizzando le abitudini di allenamento delle persone: il tempo dedicato, ogni settimana, alla corsa e l'intensità dell'esercizio fisico (ritmo lento, medio o veloce). Hanno così esaminato i dati sulla mortalità di 762 donne e 1.116 uomini dediti al jogging, confrontandoli con i dati del resto della popolazione. Nel corso di 35 anni hanno registrato 10.158 decessi tra i non amanti della corsa a fronte di 122 morti tra gli habitué dello jogging. Evidenziando, dunque, che in media (considerando anche l'età) ilrischio di morte si riduce del 44% per chi corre abitualmente. E a quanto pare, non è necessario fare molto per raccogliere i frutti. I ricercatori hanno riscontrato infatti che i maggiori benefici si ottengono andando a correre due o tre volte a settimana, da una a due ore e mezza. E non serve correre veloce, o stancarsi allo sfinimento. "La mortalità è più bassa tra le persone abituate a correre a un ritmo lento o moderato, rispetto a coloro che si sottopongono a livelli estremi di esercizio o che al contrario non lo praticano affatto" commenta infatti Shnohr. Che ricorda i numerosi benefici per la salute derivanti da una regolare e moderata attività fisica. "La corsa miglioral'assorbimento di ossigeno e il profilo lipidico, aumenta la sensibilità all'insulina e l'attività fibrinolitica, abbassa la pressione del sangue e riduce l'aggregazione piastrinica. E ancora, migliora la funzione cardiaca, la densità ossea, la funzione immunitaria, previene l'obesità e fa bene anche al benessere psicologico". "La corsa del resto è un'attività aerobica di moderata intensità - ribadisce Filippo Ongaro, vicepresidente dell'Associazione italiana medici anti-aging— e, come una pedalata in biciletta o una camminata sostenuta, se fatta costantemente, non può che fare bene. Soprattutto, se il moderato esercizio fisico è abbinato a una dieta alimentare sana e a una ottimale gestione dello stress. Tutti fattori determinanti per un cambiamento, in positivo, dello stile di vita, nell'ottica di prevenire e non solo curare le patologie".
Tratto da: http://it.notizie.yahoo.com/blog/wired/chi-fa-jogging-vive-pi%C3%B9-lungo-110710050.html?nc
Tratto da: http://it.notizie.yahoo.com/blog/wired/chi-fa-jogging-vive-pi%C3%B9-lungo-110710050.html?nc
lunedì 7 maggio 2012
Uno dei motivi per cui non sono della J**e
Non hanno solamente sfondato le vetrine, hanno
rubato la divisa granata con calzoncini calzettoni e fascia da capitano,
riempito il negozio di escrementi solidi,liquidi e a terra una sciarpa
dell'Inter piena di escrementi
domenica 6 maggio 2012
Esseri Umani
Esiste una laurea che nemmeno il Trota può comprare e soltanto la vita
assegna ai suoi figli più veri. La laurea in umanità. Il vicebrigadiere
Lorini Roberto accorre sul luogo dell’emergenza un tipo si è
asserragliato in un’agenzia delle entrate e minaccia di ammazzare gli
impiegati - ma non giudica né perde la testa: entra in sintonia. Andare
nei posti da cui gli altri scappano è il suo lavoro. E’ un tecnico.
Eppure, a differenza di altri tecnici, lui nel lavoro mette qualcosa che
non si trova sui manuali: la capacità molto italiana di vedere nel
nemico un amico mancato e recuperabile alla causa.
Il vicebrigadiere intuisce che l’asserragliato non è un pazzo. E’ un uomo debole e solo che ha compiuto un gesto esecrabile per il bisogno di sentirsi ascoltato. E allora lo ascolta, gli parla in dialetto di cose normali e, una frase dopo l’altra, gli svuota la rabbia di dosso e lo convince a lasciarsi mettere le manette ai polsi, perché il futuro esiste e non vale la pena di perderselo con un atto estremo. La mossa del cavallo è passargli al telefono la propria moglie. «Volevo che anche lei gli spiegasse che in fondo siamo tutti umani». Purtroppo non tutti se lo ricordano, signor vicebrigadiere. Ma esempi come il suo aiutano a far girare la voce.
Il vicebrigadiere intuisce che l’asserragliato non è un pazzo. E’ un uomo debole e solo che ha compiuto un gesto esecrabile per il bisogno di sentirsi ascoltato. E allora lo ascolta, gli parla in dialetto di cose normali e, una frase dopo l’altra, gli svuota la rabbia di dosso e lo convince a lasciarsi mettere le manette ai polsi, perché il futuro esiste e non vale la pena di perderselo con un atto estremo. La mossa del cavallo è passargli al telefono la propria moglie. «Volevo che anche lei gli spiegasse che in fondo siamo tutti umani». Purtroppo non tutti se lo ricordano, signor vicebrigadiere. Ma esempi come il suo aiutano a far girare la voce.
venerdì 4 maggio 2012
Amministrative 2012 : Tre domande a...
Nome: Federico Garrone
Partito:
Noi per Asti
Candidato
Sindaco: Mariangela Cotto
1.
Perché ti sei candidato/a?
Prima
di candidarmi ho riflettuto a lungo. La dott.Cotto mi aveva contattato un anno
fa e all'inizio ero molto titubante. Ho deciso di accettare dopo aver
analizzato approfonditamente la sua proposta; non fosse stata una lista civica,
non l'avrei probabilmente fatto. Mi è piaciuta l'idea di proporre un gruppo di
persone digiune di politica e spinte dalla voglia di cambiamento; soprattutto credo che una
lista civica, non essendo legata a logiche di partito, possa lottare più
liberamente per realizzare i propri progetti. Mi è stato obiettato che comunque
la si voglia chiamare è pur sempre "politica"; verissimo, ma quella
che vorrei fare io non è la politica di oggi. La politica è nata in Grecia
nelle Polis e Aristotele la definiva come "l'amministrazione della
polis" "per il bene di tutti"; lo stesso concetto che a Roma era
espresso come "Res pubblica". Il politico, per quanto mi riguarda,
deve essere una persona che si mette a disposizione della collettività per
ascoltare le sue necessità e aiutarla. Quindi, visto che sono agli sgoccioli
dei miei studi universitari in giurisprudenza, vorrei provare a mettere a
disposizione le mie conoscenze per amministrare la "cosa pubblica".
2.
Quali devono essere secondo te le 3 priorità del tuo candidato/a Sindaco?
Mettere
in risalto soltanto 3 dei problemi che affliggono la nostra città non è cosa
semplice. Penso che una piccola parte dei problemi, che la dott.Cotto vuole
affrontare, sia benindividuata dal video che ha realizzato e pubblicato su
Facebook, youtube e sul suo sito. Per rispondere alla domanda, direi:
Lavoro:
è un problema nazionale e non solo astigiano; credo, però, che ad Asti abbiamo
fatto molto per aggravarlo. Città più piccole di noi e che anni fa erano
nettamente indietro rispetto ad Asti sono riuscite a raggiungerci e superarci
in una classifica ipotetica denominabile "lavoro". Siamo diventati
una città troppo burocratizzata; detto da un giurista farà sorridere, ma sono
convito che chi può, ancora, investire debba farlo il più rapidamente possibile.
Un comune, per attirare capitali, deve andare incontro agli investitori nel
proprioterritorio e non rendere la vita difficile. Questo non vuol dire
permettere scempi, ma il vigilare sulla regolarità non è, neppure, creare
impedimenti inutili.
Servizi
sociali: questo penso sia uno dei temi più delicati. Sono sempre più le persone
che hanno bisogno di aiuto; a bussare per chiedere, oggi, non sono solo più i
"veri poveri", ma anche tutte le persone che con la crisi non
riescono a pagare affitti, bollette... Queste persone non possono essere
lasciate sole. Nostra idea è quella di chiedere a queste persone ore di servizi
socialmente utili; in questo modo il comune può recuperare i fondi per aiutarli
non spendendo per altre attività e queste persone non si sentiranno in
imbarazzo nel dover chiedere aiuto.
Come
terzo punto potrei mettere di tutto, dall'ambiente allo sport, dal Palio al
corretto investimento dei fondi. Preferisco però fare un cenno ad uno dei
nostri scempi maggiori, ovvero i contenitori vuoti. Mi pare assurdo che
ospedale vecchio, caserma ex Colli di Felizzano, vecchia asl, ex sede vigili
urbani siano fermi e in rovina da anni. A parte l'orrore di vedere un edificio
abbandonato nel centro città, credo che queste infrastrutture siano da
recuperare. Abbiamo scuole che cadono a pezzi o sovraffollate, mancano palestre
e luoghi di ritrovo: almeno qualcuno di questi contenitori potrebbe risolvere
alcuni problemi. O almeno, si inizia a salvare il decoro della città.
3.
Il punto del programma del tuo candidato/a che più ti rappresenta.
Visto
che non ne ho parlato prima, direi lo sport. Sono un istruttore dell'Asti
Calcio ( il termine allenatore per dei bambini non mi piace), e vivo
settimanalmente il problema del sovraffollamento delle infrastrutture sportive.
In un campo da calcio non possono esserci contemporaneamente 50 bambini, in una
palestra non possono alternarsi 5 società di basket, non si può dover correre
sul ciglio di una strada e aver paura, ad ogni curva, di essere investiti da
un' automobile e potrei andare avanti. Per poter praticare uno sport servono
spazi. Credo si debba uscire dalla demonizzazione del privato e collaborare con
questo almeno in alcuni settori. Un esempio di funzionalità è il nuovo impianto
costruito a San Fedele; in cambio dello sfruttamento del suolo pubblico per un
certo numero di anni, un privato ha creato il campo da calcio migliore della
città. Per capirne la necessità provate a prenotarlo per un ora, vi chiederanno
se come giorno potrebbe andare bene un giovedì... ma del prossimo mese.
giovedì 3 maggio 2012
mercoledì 2 maggio 2012
Amministrative 2012 : Tre domande a...
Nome: Flavio Doglione
Partito: PD
Candidato Sindaco: Fabrizio Brignolo
Partito: PD
Candidato Sindaco: Fabrizio Brignolo
1. Perchè ti sei candidato/a?
Perchè penso di conoscere bene alcune realtà cittadine, sportive,
associative e lavorative, che avrebbero bisogno di persone attive e
competenti che se ne occupino...
2. Quali devono essere secondo te le 3 priorità del tuo candidato/a sindaco?
Il lavoro, lo sviluppo delle infrastrutture, il ricoinvolgimento dei cittadini e la volorizzazione delle loro competenze specifiche
Il lavoro, lo sviluppo delle infrastrutture, il ricoinvolgimento dei cittadini e la volorizzazione delle loro competenze specifiche
3. Il punto del programma del tuo candidato/a che più ti rappresenta.
La valorizzazione dello sport come valore sociale, servizio e patrimonio cittadino
La valorizzazione dello sport come valore sociale, servizio e patrimonio cittadino
martedì 1 maggio 2012
Primo Maggio: la Festa dei Lavoratori. La Storia
La Festa dei lavoratori (o del
lavoro) è una ricorrenza mondiale, attraverso la quale
si ricordano e si sostengono le lotte delle organizzazioni e dei
movimenti dei lavoratori; per sua stessa natura, i suoi principi
ispiratori afferiscono alle idee di sinistra in tutto il mondo:
nonostante la chiara connotazione politica, è una festa nazionale e,
come tale, si celebra ufficialmente in 80 paesi e, in maniera non
ufficiale, in molte altre nazioni (anche se altri, come gli U.S.A., per esempio, la celebrano il primo lunedì di settembre: è il loro Labor Day).
Si tratta, senza ombra di dubbio, di un riconoscimento del fatto che le
conquiste ottenute dai movimenti per la tutela dei diritti di chi
lavora siano di importanza fondamentale.
Oltre alla generica
celebrazione delle lotte dei movimenti sindacali, il Primo Maggio è
anche la commemorazione del massacro di Haymarket Square
a Chicago. Il primo maggio del 1886, un grande sciopero negli U.S.A.
rivendicò la giornata lavorativa di otto ore: aderirono fra 300mila e un
milione di lavoratori. Il 3 maggio, gli scioperanti di Chicago vennero
attaccati dalla polizia di fronte alla McCormick, una
fabbrica di mietitrici: due di essi vennero uccisi e i feriti furono
moltissimi. Così, il giorno successivo, iniziò un presidio ad Haymarket
Square, su un'iziativa di alcuni anarchici locali. Pareva che tutto
dovesse svolgersi in maniera pacifica, ma d'un tratto la polizia ordinò
ai presidianti di disperdersi e marciò verso la postazione degli
oratori. In quel momento, una bomba esplose vicino alla prima linea
della polizia e uccise un poliziotto: le forze dell'ordine aprirono il
fuoco. Vennero uccisi 4 civili e sette agenti (secondo le ricostruzioni,
tutti dal fuoco amico). Nell'isteria collettiva, anche se l'esecutore
materiale del lancio della bomba contro la polizia non fu mai
individuato (secondo alcune ricostruzioni avrebbe potuto essere anche un
provocatore che si spacciava per anarchico), si scatenò la caccia alle
streghe e si celebrò uno dei più clamorosi processi nella storia degli
U.S.A., forse uno dei peggiori casi di malagiustizia negli States. Otto
anarchici vennero individuati come responsabili, processati e
condannati. Quattro di loro furono impiccati e solamente nel 1893 il
governatore dell'Illinois firmò la grazia per i tre
rimasti in vita (uno, nel frattempo, si era suicidato in carcere) e
riconobbe l'innocenza di tutti gli imputati.Tratto da: http://it.finance.yahoo.com/notizie/primo-maggio-festa-dei-lavoratori.html?nc
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